Fuori controllo. Un'antropologia del cambiamento accelerato by Thomas Hylland Eriksen

Fuori controllo. Un'antropologia del cambiamento accelerato by Thomas Hylland Eriksen

autore:Thomas Hylland Eriksen [Eriksen, Thomas Hylland]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858426463
editore: Einaudi
pubblicato: 2017-12-03T23:00:00+00:00


Anche se questo è indubbiamente vero, non è la prima volta nella storia che le città crescono velocemente. In un importante studio storico dedicato al collasso sociale, Joseph Tainter sostiene che l’aumento dei costi di trasporto e la complessità amministrativa furono fattori determinanti per il collasso dell’Impero romano d’Occidente e dell’Impero azteco5. Mentre le città crescevano, i produttori di cibo necessari alla sopravvivenza dei loro abitanti diventavano piú numerosi, ma anche piú distanti, e questo in assenza di miglioramenti tecnologici che supportassero la produzione e la distribuzione del cibo. Nel caso dell’Impero romano, la visione di Tainter, condivisa da alcuni ma non da tutti gli specialisti, è che la colonizzazione della Britannia, una provincia remota e di fatto non vantaggiosa, fu uno dei progetti espansionistici piú sfiancanti e insostenibili per l’impero (insieme all’impresa in Dacia, l’odierna Romania). Non solo i soldati, i notabili e i commercianti dovettero viaggiare verso quell’isola nebbiosa e inospitale oltre la costa europea, ma c’era costante necessità di importare marmo, olio d’oliva, vino, architetti e costruttori romani su un’isola che mancava della maggior parte delle infrastrutture di base, offrendo in cambio scarsi risultati economici.

La crescita urbana può aumentare la flessibilità a livello individuale, mentre riduce la flessibilità a livello sociale. Abitando in città, puoi cambiare lavoro, traslocare in un’altra casa, mandare i tuoi figli in un’altra scuola, cambiare le tue abitudini alimentari e, in generale, scegliere tra una quantità di alternative che nella società rurale non esistono; contemporaneamente, le società urbane moderne intese nel loro complesso sono meno flessibili. Sono dipendenti dal consumo di un alto livello di energia e hanno sviluppato una complessa rete di legami e attività sociali interconnessi tra loro. Una settimana di blackout farebbe precipitare nel caos anche una città come Kinshasa, nonostante le case di molti dei suoi abitanti non siano provviste di elettricità. L’organizzazione sociale delle zone rurali produce, invece, un’autonomia maggiore, sia per l’approvvigionamento di energia sia per la produzione di cibo. Una catena non è piú forte del proprio anello piú debole e, piú lunga è la catena, piú è probabile che si spezzi.

Le società urbane che non producono né il proprio cibo né la propria energia sono caratterizzate da una bassa flessibilità sistemica, che invece è maggiore nelle zone periurbane che si situano ai confini e agli interstizi di molte città. Qui si produce ancora il cibo, oltre a una serie di servizi e di manufatti. La loro flessibilità, quindi, è piú alta e in tempi di crisi queste zone sono tendenzialmente piú resilienti delle città, dato che hanno piú possibilità e piú «alternative inesplorate di cambiamento», almeno nel breve periodo.

La città è a tutti gli effetti un’incarnazione del doppio legame fondamentale tra crescita e sostenibilità. A parità di altre condizioni, piú la città cresce e meno diventa sostenibile. L’inquinamento, i rifiuti, il rischio di epidemie, la dipendenza da complessi canali di approvvigionamento e di servizi organizzati a un altro e piú alto livello non soltanto riducono la flessibilità del sistema della città, ma contribuiscono anche ad aggravare la sua impronta ecologica.



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